Mi piacerebbe esplorare la connessione tra compassione verso se stessi e compassione verso gli altri integrando, laddove fosse possibile, anche elementi scientifici. Quali sono i punti chiavi per coltivare la compassione in modo più efficace? Come possiamo promuovere relazioni più empatiche e profonde con il prossimo? Sono davvero necessari questi “sforzi”?

Compassione: non confonderla con commiserazione

La compassione è uno dei fondamenti della relazione umana, sia verso noi stessi che verso gli altri. Spesso, però, ci sottoponiamo a un’autocritica eccessiva quando affrontiamo le sfide mentali. Questo comportamento non solo ostacola la nostra partecipazione verso noi stessi, ma influisce anche su come ci relazioniamo con gli altri. La compassione è il collante che tiene unite le relazioni umane. Essa rappresenta la capacità di comprendere, simpatizzare e supportare gli altri in momenti di bisogno, ma non si limita solo a questo. Ha una dimensione altrettanto cruciale, e spesso trascurata, quando si tratta di come ci relazioniamo con noi stessi. È un pilastro fondamentale per coltivare relazioni sane, soddisfacenti e significative.

L’Autocritica eccessiva e il suo impatto

Negli anni, mi sono reso conto che uno degli ostacoli più significativi di questo sentimento è l’autocritica eccessiva. Quando ci sottoponiamo a un’autocritica costante, giudichiamo severamente le nostre azioni, i nostri pensieri e i nostri sentimenti. Questo comportamento mina la nostra stessa autostima, impedendoci di trattare noi stessi con gentilezza. L’autocritica eccessiva può anche influenzare la nostra capacità di essere empatici verso gli altri. E qualche volta rischiamo di essere…stronzi. Quando siamo duri con noi stessi, tendiamo ad applicare lo stesso standard esigente agli altri. Ciò può condurre a un circolo vizioso in cui ci aspettiamo la perfezione da noi stessi e dagli altri, provocando conflitti e tensioni nelle relazioni interpersonali.

Come coltivare la comprensione verso sé stessi?

Coltivare la comprensione verso sé stessi è un passo essenziale per migliorare il rapporto con noi stessi e le relazioni con gli altri. Non ci sono formule magiche o procedure industriali consolidate che funzionano sempre. Ognuno di noi applica le proprie strategie in modo personale, in base alle attitudini, alle capacità e agli interessi che ognuno ha. In anni di “allenamento”, tentativi ed esperimenti, io ho trovato le mie 3 personali strategie:

  1. Gestisco l’auto-compassione: Ho imparato a trattarmi con la stessa gentilezza ed vicinanza con cui tratteresti un amico in difficoltà. Riconosco che tutti commettiamo errori e che l’autocompassione è un modo di guarire e imparare da essi.
  2. Pratico la consapevolezza: Questo è un passaggio estremamente importante, ma anche molto complesso da attuare. Essere consapevoli dei propri pensieri e sentimenti è il primo passo per rompere il ciclo dell’autocritica. Quando diventiamo consapevoli dei nostri giudizi negativi su noi stessi, possiamo sostituirli con pensieri più indulgenti e positivi.
  3. Imparo dalla mia esperienza: Anche se non sempre la penso in modo così “mindfulness” e orientale, credo che i fallimenti e le sfide possano essere preziose opportunità di apprendimento. Cerco (quasi) sempre di guardare le mie esperienze difficili come occasioni per crescere e migliorare, anziché come conferme del mio (basso) valore.

Iniziamo da noi

Per coltivare la compassione, dobbiamo iniziare con noi stessi. Questo non significa giustificare ogni azione o pensiero, ma piuttosto riconoscere che il desiderio e la sofferenza sorgono nella nostra mente, così come accade per chiunque. Mettere in pratica questo approccio per capire, può avere mille sfaccettature e possibilità; nella mia esperienza sia personale e che professionale, uso un metodo sviluppato in 5 punti:

  1. Auto-riflessione empatica: Dedico del tempo a comprendere i miei pensieri e sentimenti senza giudizio. Questo aiuta a riconoscere desideri e sofferenze nella mia mente. Dedico a questa fase circa 10/15 minuti in una giornata. Magari con un taccuino in cui appunto alcuni pensieri

  2. Accettazione e non giustificazione: Accetto (o almeno provo) le mie (tante) imperfezioni senza giustificarle. L’accettazione apre la strada alla crescita personale. Dedico – quando riesco e quando mi ricordo – circa 5 minuti in una giornata, magari al mattino. 

  3. Condivisione delle esperienze: Condivido le mie sfide mentali con amici fidati e/o in famiglia. L’apertura crea connessioni più profonde. Questo avviene quando ne sento il bisogno, diciamo che può capitare una volta a settimana per un’oretta.  

  4. Meditazione sulla compassione: Pratico la meditazione che mi insegna a non pensare. Purtroppo non riesco a farlo regolarmente, ma la meditazione è una pratica che andrebbe fatta tutti i giorni, con consapevolezza e pace. 

  5. Empatia attiva: Cerco di mettermi nei panni degli altri, comprendendo le loro difficoltà. Ciò accresce la mia empatia verso gli altri. Questo lo faccio più o meno tutti i giorni, ma serve concentrazione e stabilità affinché diventi un processo naturale, e non il mero svolgimento di un compito. 

Il riflesso della compassione nelle relazioni

Coltivare la compassione verso se stessi è il primo passo per estenderla agli altri. Questa pratica non solo migliora la nostra relazione con noi stessi, ma crea anche una base solida per relazioni autentiche con gli altri. Compassione non significa giustificare azioni negative ma comprendere che il desiderio e la sofferenza sono esperienze universali, fondamenta per relazioni più genuine e amicizie più autentiche.

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