silcon valley

Il concetto di luogo, territorio e comunità hanno un significato importante per una start-up, soprattutto nella Silicon Valley. Tutte le aziende del digitale che hanno successo da qualche anno, come AirBnB, Lyft, Snapchat, Path, Yelp o Nextdoor sono quelle che permettono di collegare le persone tra loro nella vita reale.

Anche lì, “dove tutto nasce“, nel cuore di San Francisco e della Silicon Valley, il luogo in cui ci si trova, il territorio in cui si vive e il luogo in cui le persone si incontrano continuano ad essere fondamentali. “Non si prende un caffè su Facebook” dicono gli sviluppatori. E il fatto che gli imprenditori discutano se debbano collocare gli uffici della loro impresa in città, nelle aree urbane, o nella Valle, conferma l’importanza della dislocazione fisica.

La promessa dei colossi del digitale che annunciano un mondo completamente globalizzato, smaterializzato, unito da un unico “filo” conduttore, dove i luoghi sono intercambiabili, dove le lingue e le relazioni saranno trasformate da connessioni virtuali, non si realizza affatto dalle loro parti – a san Francisco – né nel resto del mondo. I mondi di internet sono molto different, l’internet della California è ancor più specifica rispetto alle altre. Per quanto sia “IL” modello, non è certo da considerarsi l’unico ed è difficile da imitare.

Gli ingredienti che compongono la Silicon Valley sono specifici di questo luogo: i legami tra mondo della ricerca, della finanza e dell’imprenditorialità, la loro porosità e permeabilità; la diversità culturale e linguistica specifica di quello stato americano; la fede nello spirito di iniziativa, il vangelo dell’azienda e la tolleranza verso il fallimento; una certa etica protestante del lavoro e del capitalismo; un rapporto con la ricchezza che si fa spazio tra filantropia e avidità; il sogno di un’utopia digitale; l’ottimismo. E ancora, la massa critica e la “scalability”; l’instabilità dinamica; un modo così particolare di vivere nella comunità di coltivare, nel contempo, le differenze; la “secret sauce” di Stanford; la controcultura di San Francisco. Tutti questi elementi della Silicon Valley sono difficili da riprodurre altrove. Così come altri poli culturali e sociali sono impossibili da esportare e, magari, digitalizzare. La pizza è a Napoli, lo gondole sono a Venezia, il colosso e-commerce cinese Alibaba “vive” a Zhejiang. 

La Valle, che è insieme il passato e il futuro dell’informatica, – HP e Square – dimostra paradossalmente, con la sua stessa specificità, che il digitale non può essere un fenomeno completamente globale, perché proprio lì dove è nata la cultura informatica, troviamo condizioni irriproducibili in qualsiasi altro luogo fisico, culturale e antropologico. Il futuro di internet e delle tecnologie si sta scrivendo nella vita reale. Si basa su una rete di persone che si conoscono e su un territorio che esiste veramente; e a volte, per poter sperare di avere successo online, bisogna sapersi lasciare andare nella vita reale, magari vestiti da Freddy Krueger in una notte di Halloween. 

Ciò che nasce grazie al territorio, al luogo, al tessuto sociale, NON può essere globalizzato, anche se viene esportato, imitato, sradicato. 

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