L’incertezza aumenta la paura. E indebolisce.

Mai come in questo momento si parla di incertezza, di come sarà il domani. In questi giorni di ‘coronavirus’ i media ci hanno mostrato reazioni totalmente contrastanti dinnanzi al pericolo: la paura da un lato e la tendenza a minimizzare dall’altro. Una visione completamente diversa che, nelle persone più equilibrate, trova un denominatore comune ma che, spostando anche di poco l’asticella, ecco che le reazioni si fanno estreme, da una parte e dall’altra.

Si tratta di reazioni più che note e che da sempre la psicologia sociale studia, entrando nel merito dei comportamenti, delle motivazioni e delle emozioni prima singole e poi, appunto, sociali. In situazioni di totale incertezza, dove ognuno di noi prova a cercare soluzioni, la paura che spesso si trasforma in terrore, aumentare proporzionalmente all’importanza delle conseguenze vere o presunte. Che siano esse immaginate o reali, le conseguenze si comportano da grimaldello utilizzato dalla nostra mente per scatenare, poi, il panico. In questo caso specifico la paura è data dal rapido e incontrollato diffondersi del contagio. Un contagio che, fino a pochissimi giorni fa era fuori controllo, almeno sulla carta.

Questo dilagarsi veloce del contagio virale, ha fatto sì che anche il contagio sociale – della paura e dell’incertezza – diventasse il motivo dominante su tutti i fronti. Prima economico, poi sociale, medico e, infine, mediatico. Non appena ci vengono forniti dati e informazioni, la situazione subisce un mutamento e riduciamo l’incertezza cercando di stimare il rischio soggettivo di venire contagiati. Il rischio è una unità di misura quantificabile, anche solo soggettivamente; l’incertezza non conosce metrica, proprio perché la natura stessa è fatta di “non conoscenza”.

Conoscere il rischio, da un punto di vista matematico, strategico e psicologico, è rassicurante: ci da la possibilità di prevedere, di costruire strategie, disegnare scenari, anche apocalittici, ma ci permette di avere una visione. Sapere, per esempio, che il virus non risulta è letale nell’oltre 80% dei casi, per molti di noi è già una gran cosa. Accade a questo punto una cosa apparentemente bizzarra, ma ben rodata sul campo: più siamo rassicurati con bombardamenti mediatici, più la nostra paura crescerà. Questo perché la nostra capacità di elaborazione dei dati è, per quanto straordinaria, limitata. Noi abbiamo bisogno di poche informazioni, sicuramente rassicuranti, ma non di essere inondati.

 

Più informazioni abbiamo – in condizioni instabili – più salgono le condizioni di incertezza e, di conseguenza, la paura. Di fronte a poche, chiare notizie rassicuranti, magari ripetute, avremo una percezione completamente diversa. Una fase 2 emozionale, dove ogni persona avrà il tempo e gli strumenti per elaborare la sua posizione.

Incertezza come sprone

Sull’incertezza Zygmunt Bauman scriveva:


L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all’incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità “autentica, adeguata e totale” sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.


Qualche anno prima, Erich Fromm, sosteneva che: 

L’incertezza è la condizione perfetta per incitare l’uomo a scoprire le proprie possibilità

Due grandi pensatori che, in qualche modo, vedono nell’incertezza il denominatore comune per “andare avanti“, per vivere l’illusione di raggiungere la felicità e scoprire quanto distanti possiamo spingerci dalle nostre zone di comfort. L’incertezza è quella condizione sana che svolge il delicato compito di spingerci verso la scoperta e, in buona sostanza, verso il rischio. Nella vita tutto è incerto, nulla è così come sembra e, soprattutto, nulla resterà così come lo conosciamo. Tutto, noi compresi. 

Molti timori nascono proprio da questa – più o meno inconscia – consapevolezza; ognuno di noi crede di avere principi saldi, tetragone posizioni su certi argomenti ma, puntualmente, siamo pronti a rinnegarle per un qualche interesse o, magari, per non ferire una persona o non risultare sgradevoli. Avere certezze impone un grado di coerenza al quale l’uomo non potrà mai ambire: siamo gli stessi che dicono ai figli di “fare i bravi” mentre scarichiamo illegalmente musica e film da internet, magari proprio per metterli sul tablet e rincoglionire i figli stessi…capite bene che la coerenza non è certo un valore assoluto. 🙂

Ma anche questi comportamenti sono, in parte, un chiaro sintomo dell’incertezza, dell’insicurezza che ci pervade in ogni gesto, e più pubblicizziamo agli altri e a noi stessi la nostra sicumera più, in verità, risultiamo incerti, spauriti, persi.

Avere dei dubbi, soprattutto su se stessi, è tutt’altro che sconveniente, se vi va potete leggere questo articolo…ne abbiamo già parlato, parecchi numeri fa. 

Keypoint: Una delicata pianta va curata con molta attenzione. Nec essità della giusta dose di acqua, altrimenti rischia di “affogare” o di seccarsi; le è vitale la giusta quantità di luce, troppa o troppa poca le sarebbe fatale. Infine, non può vivere se la terra dove cresce le è avversa. Così è l’incertezza. 

 

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