La Natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità è infelice come chi non ha di che cibarsi, patisce la fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo”. Così, nel 1831, scriveva Giacomo Leopardi in quella raccolta di 4526 pagine che prende il nome di Zibaldone e che, in quindici anni, è stato il suo “amico” più intimo. 

Secondo Leopardi (e non solo lui…), la felicità non è altro che un breve momento di assenza dal cruccio, dalla condizione di infelicità e, quando si manifesta, ne siamo talmente bisognosi che non ne abbiamo il governo. Secondo questo pensiero, non essendo “allenati” alla felicità, non abbiamo gli strumenti per gestire ciò che, inevitabilmente, accadrà: la sua scomparsa. 

I tempi sono cambiati, certo. Abbiamo meno tempo per riflettere a fermarci e il concetto di assenza di felicità, ora, fatichiamo ad accettarlo. Fatto sta che l’essere umano continua affannosamente a cercare questo status, percorrendo nell’arco della sua vita mille strade, a volte più impervie e complesse, altre più standard e semplici.

Seguiamo corsi di auto aiuto, leggiamo libri sulla consapevolezza, facciamo credere, attraverso foto e pensieri digitali sui social network, che la nostra vita è una continua gioia. Insomma, corriamo dietro a questa felicità come a voler dare torto a quel poeta che, sui banchi di scuola, ognuno di noi ha additato come “gobbo sfigato“. 

Questa difficoltà nel gestire i momenti di felicità, dando vita ad una specie di montagna russa dell’umore, si ripercuote sulle nostre azioni quotidiane, e chi fa pubblicità lo sa bene. 🙂

In modo del tutto inconsapevole “ricerchiamo” la felicità negli acquisti compulsivi, dando vita ad un complesso sistema di auto soddisfazione che, però, non abbiamo deciso noi, ma ci è stato imposto subdolamente da un sistema ingannevole di propaganda commerciale.

Questo concetto ci è sembra chiaro da sempre ma, molti di noi, sono certi di non esserne vittime. Diciamo che questa cosa può essere vera in parte. Ma la persuasione non passa solamente per pubblicità di merendine scadenti, prodotti finanziari al limite della truffa o una prova su strada di una nuova (inutile) automobile.

NON PROMETTERE SE SEI FELICE

Anche noi, nel nostro piccolo, siamo manipolatori più o meno subdoli, dei pubblicitari senza scrupoli. Succede quando attraversiamo momenti di gioia che, in modo del tutto innocente – o quasi – ci portano a fare promesse in molti casi inesaudite.

E’ vero, il consumatore (parola ben poco simpatica), oggi, sembrerebbe essere più attendo e conquistarlo è sempre più complesso; il concetto base della manipolazione, non solo lo abbiamo perfettamente assimilato, ma lo abbiamo mutuato nei nostri usi e costumi quotidiani.

Non credo sia una colpa, ma una conseguenza. Da quando esiste la televisione, i giornali hanno sostituito la sostanza con il contenuto e la rete è diventata la nostra principale fonte di ricerca, siamo sì sempre più consapevoli di ciò che ci accade, ma anche più vulnerabili nei confronti dei nostri impulsi. Impulsi più sofisticati di quelli descritti da Leopardi, più evoluti in una certa misura. 

Così come non dovremmo prendere decisioni importanti quando siamo arrabbiati, allo stesso modo non dovremmo fare promesse quando siamo felici. 

Spread the word. Share this post!

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *