LA REALTÀ AUMENTATA. QUELLA STANDARD NON CI BASTA?

La realtà aumentata, come si evince dalla stessa locuzione, si riferisce al potenziamento della percezione della realtà quotidiana, attraverso informazioni e dati (manipolate e gestite digitalmente), altrimenti impossibili da avvertire attraverso i cinque sensi. Il concetto di realtà aumentata (o augmented reality) nonostante venga considerata una tecnologia piuttosto recente è, come quasi tutte le tecnologie, conosciute già da diversi anni. Come per molte scoperte, anche quella della realtà aumentata nasce in ambiti accademici, scientifici e, naturalmente militari. 

Quando

Infatti, come normale che sia, i primi a sperimentare e utilizzare a pieno regime questa tecnologia sono stati i piloti dei caccia. Introdotti nel settore dell’aeronautica militare sotto forma di head-up display – visore a sovrimpressione – questi visori permettevano ai piloti di controllare direttamente sulla visiera del casco tutti i dati vitali dell’aereo: quota, velocità, distanza dall’obiettivo e i livelli degli armamenti, il tutto senza che il pilota distogliesse lo sguardo dalla visione frontale per controllare gli strumenti sulla plancia di comando.

Da quei primi esperimenti che ci riportano a TOP GUN è passato un po’ di tempo e, oggi, possiamo toccare con mano ogni giorno questa tecnologia.

Già dal 2009, grazie all’applicazione Layar, era possibile visitare una città e, con una combinazione di dati (posizione geografica espressa in longitudine e latitudine e accelerometro del cellulare), conoscere la storia del palazzo di fronte a noi, o visualizzare l’urbanistica al tempo della sua costruzione.

Oggi la realtà aumentata è una grande opportunità, una possibilità straordinaria che può permettere a tutti di aumentare la percezione, insomma la realtà aumenta è…realtà. O forse no? 

Chi

Tutti conosciamo i grandi vantaggi della tecnologia, così come conosciamo alcune delle insidie che il mondo digitale può offrirci ma, quando si parla di realtà (virtuale o aumentata) ecco che le cose si fanno un po’ più oscure. Uno degli sviluppatori più entusiasti ed importanti nella community VR (Virtual Reality), John Carmack, durante un’intervista disse: “Una parte delle desiderabili esperienze dei ricchi può essere sintetizzata e replicata per una fascia molto più ampia di popolazione“. io non so a voi, ma questa affermazione può risultare davvero preoccupante.

Analizzando attentamente ciò che dice uno dei più importanti sviluppatori e sostenitori di queste tecnologie, troviamo una sola interpretazione: le ingiustizie, le diseguaglianze e la distanza tra le persone sono talmente radicate ed arrivate ad un punto di non ritorno, che non possiamo fare altro che accettarle e utilizzare queste tecnologie come palliativo e strumento di “pacificazione“. Come dire “Noi ti diamo il contentino, inutile che fai le rivoluzioni.” 

Cosa succederà?

E’ una estremizzazione, forse, ma il concetto è sicuramente una base di partenza per alcuni spunti di riflessione importanti. E’ ovvio che l’uso creativo, di supporto alla società, di aiuto e miglioria vi sarà e sarà straordinario: molti la vivranno come un’esperienza immersiva di grande impatto e, in alcuni casi, di aiuto vero, ma molti non la vivranno così. E se ci si atrofizzasse il cervello? 🙂

L’accesso a queste tecnologie non è ancora così esteso, non sono semplici e, sempre di più, ci sono persone – soprattutto giovani – che presentano prima fastidi (vomito, capogiri, sensazione di estraneità, stanchezza) e poi patologie vere e proprie (stress, emicranie continue, disturbi dell’apprendimento). 

Forse l’emergenza che tra qualche anno si presenterà con tutta la sua forza, ci stimolerà affinché la comunità scientifica e gli utenti riflettano su che cosa davvero stiamo tentando di “aumentare” e da cosa, in realtà, stiamo fuggendo.

C’è da sperare che questa sia una preoccupazione eccessiva e che, in realtà appunto, con il tempo tutto si aggiusterà e abbandoneremo l’aumento digitale per dare spazio ad opere fisiche, infrastrutture, parchi, pannelli intelligenti. 

Conclusioni

La sociologa Anne Galloway è tra la più severe critiche della realtà aumentata ed afferma che la realtà aumentata, o meglio l’aumento computazionale della percezione considera ” i luoghi della vita quotidiana e le interazioni sociali come qualcosa di mancante e che ha bisogno di essere migliorato”. Ciò che davvero dovremmo chiederci, al di là della presa della tecnologia o meno, è come aiuteremo nelle relazioni sociali tutte le persone NON-AUMENTATE? 

Intanto, dopo l’introduzione nell’ormai “lontano” 2013 dei Google Glass e del loro flop, Google ha deciso di reintrodurre i suoi occhiali aumentati e di veicolarli esclusivamente ad un pubblico business (e partner Google) e, possibilmente benestanti…si partiva da $ 1499! Ora sono scesi a più miti consigli portando l’occhiale Google Glass Enteprise Edition 2 a $ 999. 

Keypoint: cosa ci sarà poi da aumentare a questa realtà…non fa già abbastanza schifo così? 🙂

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