Libertà. Ogni anno celebriamo la memoria storica. Ricordiamo la Resistenza, il valore della libertà, il rifiuto di ogni totalitarismo. In quelle giornate, si riempiono le piazze e i social di slogan: “Mai più!”, “Contro ogni oppressione!”, “No alla violenza di Stato!”.

Parole nobili. Necessarie. Eppure, basta tornare indietro di appena pochi anni per vedere una realtà diversa.

Siamo poco credibili

Durante l’emergenza sanitaria globale, molti di quelli che oggi si proclamano paladini della libertà erano i primi a invocare la segregazione di chi non si piegava al pensiero dominante.
Non avevi il green pass? Allora via dal lavoro, via dai negozi, via dalla vita sociale.
Si parlava di “ghetti” per i non vaccinati, si proponevano campi di isolamento.
C’era chi suggeriva di negare le cure mediche a chi aveva scelto una strada diversa.

Il green pass, strumento che avrebbe dovuto proteggerci, si è rivelato spesso inutile, e talvolta persino dannoso, alimentando divisioni feroci nella società. Ma il vero problema non è stato lo strumento in sé.
È stata la mentalità: quell’istinto antico di dividere, di etichettare, di punire il “diverso” che poi, in buona sostanza, ha avuto anch’esso ragione…

Il fascismo non è un capitolo chiuso nei libri di storia.

Non è solo marce, stivali e saluti romani. È ogni volta che il potere impone una verità unica e assoluta, e la gente – per paura o per convenienza – si adegua senza pensare. È ogni volta che il dissenso viene schiacciato, non con argomenti, ma con l’odio e l’esclusione.

Molti oggi amano dichiararsi antifascisti. Ma il vero antifascismo non si misura il 25 aprile, o davanti a un microfono. Si misura nei momenti di crisi, quando la paura consuma la razionalità e diventa sete di controllo sugli altri.

Io, comunque, non dimentico.
Non dimentico le facce, le parole, l’odio travestito da bene. E continuerò a ricordarlo, anche quando sarà scomodo farlo. 

Perché senza memoria autentica, non c’è vera libertà.

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