competitività

#120. LA DROGA DELLA COMPETITIVITÀ

La competitività è, come anche la smania di successo, una droga spirituale che non fa altro che inquinare il nostro spirito finendo con l’intralciare i nostri progressi. A volte ci basta sfogliare una rivista o, semplicemente, fare una di quelle agghiaccianti cene-rimpatriate con i vecchi compagni di scuola per scoprire che qualcuno, che ben conosciamo, sta andando più lontano di noi e più velocemente in direzione dei nostri stessi desideri. Ma, anziché usare questa scoperta come sprone pensando “ecco la dimostrazione che si può fare”, la nostra paura ci fa dire “lui/lei ce la farà e io no.”

Lao-tzŭ, figura filosofica cinese tra la leggenda e il mito, dice che “colui che conosce gli altri è saggio, ma colui che conosce se stesso è illuminato.

Quando guardiamo con occhio competitivo i successi altrui, perdiamo il focus sul nostro percorso personale ponendoci quesiti errati che generano risposte sbagliate e confuse: “perché sono così sfortunato?” “Perché quello è riuscito a vendere le sue poesie – o il suo quadro – e io ancora nulla?” “Non ho le conoscenze giuste…”, e ancora “Cosa mi manca?” Queste sono le domande che spesso ci poniamo e che vorremmo ci svelassero, in qualche modo, il nostro “blocco” creativo. Queste domande però non portano a nessuna conclusione, facendoci concentrare su aspetti sbagliati dell’intero processo di risoluzione. L’approccio competitivo forsennato, ci distoglie da quelle che dovrebbero essere le domande che dobbiamo porci: “Oggi mi sono impegnato sul mio progetto?” “Ho stabilito la data di scadenza per l’invio del materiale lì dove devo inviarlo?” “Ho fatto ricerche mirate per avere contatti?” 

La competizione è alla base di molti blocchi creativi. Non possiamo permetterci di sprecare energie nel preoccuparci di chi ottiene maggior successo di noi e di quanto queste persone non lo meritino; il desiderio di essere “meglio di” può soffocare letteralmente il ben più importante desiderio di essere.

Se il bisogno di essere originali ci tortura (ne abbiamo parlato anche qui) senza darci tregua, dovremmo sempre ricordare che non esiste opera, lavoro, attività che non sia stata influenzata da qualcos’altro. Nessuno è immune dall’essere influenzato da qualcun’altro, non vi è uomo che sia un isola a sé e non vi è opera che sia un continente a sé. 

Non dobbiamo fare l’errore di giudicare troppo presto un lavoro che stiamo facendo nascere, qualunque cosa esso sia. Dobbiamo avere la forza di andare avanti a dipingere, a progettare, a scrivere quel libro, a comporre quel brano, mentre il nostri Io più “intransigente” ci ostacola in tutti i modi. 

Keypoint: il bisogno di vincere subito è il bisogno di di avere l’approvazione da parte degli altri. Come antidoto a questo veleno, non vi è che l’approvazione da parte di noi stessi: mettersi al lavoro è l’unica vittoria realmente significativa.

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