Ciò che il mondo sta dicendo a noi esseri umani è: “Non rimanete attaccati alle vecchie abitudini, imparate a pensare in modo nuovo”.

Tra una digressione su Chopin e qualche battuta sulla musica di oggi, durante un’intervista pubblicata su “The Guardian” nell’aprile del 2011, il grande maestro Daniel Barenboim buttava, quasi in modo disconnesso dal resto, questa frase assolutamente attuale e piena di verità. Ma era tutt’altro che sconnessa. La stessa Madre Terra ci dice che un giorno non sarà mai uguale all’altro. Mai. Ogni giorno “regala” qualcosa di nuovo che, inesorabilmente e a volte drammaticamente, supera di gran lunga la fantasia.

UN INSEGNAMENTO CHE ARRIVA DAL CONFLITTO

Dal 2009 Daniel Barenboim, pianista e direttore d’orchestra argentino naturalizzato israeliano dotato di un talento straordinario, che ha diretto alcuni tra i più prestigiosi teatri e orchestre sinfoniche mondiali, ha riunito nella sua West-Eastern Divan Orchestra giovani musicisti arabi e israeliani. Barenboim è dotato di un’autorità naturale, in virtù del suo eccezionale talento musicale. Racconta che l’orchestra che ha fondato insieme allo studioso palestinese Edward Said è nata come un “progetto contro l’ignoranza“. E’ essenziale, sostiene Barenboim, che i due fronti del conflitto arabo-israeliano si conoscano suonando insieme. Il conflitto, visto come un’abitudine, sconfitta dall’arte, da un linguaggio unico ed universale rappresentato dalla musica. 

Come già detto, le  parole riportate sono tratte da un’intervista pubblicata nel 2011. Barenboim si riferiva al rapido cambiamento che si stava delineando nel mondo a seguito della Primavera Araba, l’ondata di proteste scoppiata in Medio Oriente e nell’Africa del Nord. La frase continua andava avanti così: “Ed è questo che i musicisti fanno ogni giorno. Non ti metti a suonare I’Opus di Beethoven senza ripensarci ogni volta che la esegui”. Per un leader “pensare in modo nuovo” — escogitare nuove idee e approcci — è una parte importante del proprio ruolo. Le abitudini devono poter cambiare, finire, tornare. 

Un aspetto fondamentale di questa innovazione è imparare a fidarsi della propria “voce interiore”, del proprio intuito. I leader che ascoltano quella voce, che si fidano del proprio intuito, riescono ad avere la meglio perché sono difficilmente prevedibili. Non sono intrappolati in stereotipi, ma trovano la propria strada, e di solito sono pieni di energia, perché sfruttano la loro spinta interiore.

ABITUDINI SI E ABITUDINI NO

Abitudini”: una parola contrastante, che trova nella sua definizione pareri discordanti. E’ positiva oppure no? , E’ una parola a cui diamo un senso troppo superficiale. Qualcosa che giudichiamo ripetitivo, scontato, noioso. Eppure, come ci sono “abiti” belli o brutti, le “abitudini” possono essere buone o cattive. Come dei begli abiti, possiamo imparare a indossarne di nuove, e tutte buone. Dedicare un’ora al giorno a qualcosa di cui siamo appassionati. Imparare una cosa nuova. Leggere il capitolo di un libro. Fare mezzora di esercizio fisico. Discutere con i colleghi del futuro del nostro business. Già, ma come? Ancor prima che di motivazione, si tratta di fisiologia: i nostri 80 miliardi di neuroni sono connessi tra loro da “fili elettrici” (gli assoni) rivestiti da guaine di una sostanza chiamata mielina.

La ripetizione di un’azione produce mielina, così che, meglio è “isolata” la connessione tra i neuroni, migliore è la connessione. Più naturale, senza sforzo. L’azione diventa così abitudine, e l’abitudine abilità. “Indossare” una nuova abitudine richiede quindi un allenamento costante, passo dopo passo, strato di mielina dopo strato di mielina. Poco alla volta, per vincere la nostra naturale resistenza fisica al cambiamento. 

Keyopoint: abitudini sì, ma cambiamole!

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