attenzione

#299. POSSO AVERE LA VOSTRA ATTENZIONE?

Come può una società che si professa civile e moderna permettere tutto questo? Quanta attenzione dobbiamo avere? Quanto siamo soli, in realtà? 

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Ho fotografato questa scena a Bergen, in una stazione della metropolitana…un momento quasi surreale, se non fosse che da queste scene siamo ormai assuefatti; spesso facendone parte in modo del tutto inconsapevole.

Tutte le persone del luogo stavano fissando il proprio cellulare, nella totale incoscienza e completamente fuori da ciò che c’era intorno. La persona in fondo, immigrato, li fissa con sguardo sconsolato.

In quel momento ho capito cosa stava succedendo alla società occidentale distratta e opulenta. Seduta. Drogati da questi piccoli oggetti che ci fanno credere di avere il mondo in mano, ci distraggono, ci sviano e ci portano, senza nemmeno rendercene conto, verso un buco nero.

E ci guardiamo a vicenda, aspettando il declino.

La cosa che risulta demenziale è che, in un mondo che richiede un livello di attenzione sempre più alto, siamo sempre più distratti: ci ritroviamo talmente concentrati su un oggetto che spara miliardi di stimoli al secondo, che non riusciamo più a formarci lo spirito critico. Abbiamo solo informazioni e nessuno strumento per elaborarle. E’ un po’ come avere una splendida automobile senza saperla guidare…risulta buffo, inoltre, che otterremmo un risultato identico anche con un’auto di terza mano…non riusciremmo comunque a muoverla! 🙂 

Non riusciamo più a stare soli, siamo dipendenti dalle attenzioni, il cellulare, il computer e la connessione eterna, sono la declinazione digitale della solitudine e della ricerca continua di approvazione. 

Quando questa ricerca diventa sfinente, dato che non viene mai appagata, è fondamentale chiedersi “cos’è che rincorriamo davvero?” Le attenzioni del nostri contatti? Una gratificazione professionale? Forse incoraggiamenti? Aspettarsi complimenti per un lavoro ben fatto e che è costato fatica e sudore è del tutto legittimo. I complimenti sono carburante per la nostra autostima, ma di certo non possono divenire il volano di ogni nostra azione.

E così dovrebbe essere ogni sfera della nostra vita quotidiana: non è normale fotografarsi in ospedale per ogni sciocchezza – forse nemmeno per le cose serie lo sarebbe – così come non è normale far sapere ai nostri contatti ogni volta che prepariamo un piatto di pasta come se fossimo uno chef stellato…sarebbe il caso di smetterla e vivere in serenità la propria solitudine e, perché no, la propria mediocrità. 

Un piatto di spaghetti scotto, il gatto uguale a mille altri, la voglia di scatenare la tenerezza su un letto di ospedale, non ci rendono meglio di altri. Sono gesti mediocri, alcune volte anche un po’ “maliziosi“. E’ terribile, lo so, ma dobbiamo esserne consapevoli. 🙂

Keypoint: “[…]Cantate e danzate insieme e insieme siate felici, ma permettete a ciascuno di voi d’essere solo.” (Gibran)

 

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