#194. LEGGERE LA FOTOGRAFIA
La fotografia permette di fermare il tempo…banale vero? Credo che la fotografia permetta, in realtà, di viaggiare nel tempo. Fermare il tempo è un’azione statica, morta. Anche uccidere ferma il tempo e poi finisce tutto, la fotografia invece è un tripudio di vita, resta nel tempo e, anche se resta lì, in qualche meandro nascosto delle nostre cantine, nel momento in cui riaffiora, tutta la vita fino a quel momento, riaffiora.
Fare fotografia – anche se i puristi amano tanto dire che fare foto non significa essere un fotografo – è ormai un gesto quotidiano, un riflesso incondizionato, tanto che i telefonini sono usati più come macchine fotografiche che come telefoni. La cosa poi ancor più intrigante è che gli stessi cellulari permettono di fare fotografie decenti, rielaborarle e conservarle sui nostri computer o, ancor meglio, in cloud, senza bisogno di fili di connessione, sofisticate attrezzature per la manipolazione né, tanto meno, particolari conoscenze tecniche e stilistiche.
Siamo invasi da fotografie, o meglio, da immagini di qualsivoglia natura, ma la fotografia è, sopratutto, quella dei libri accademici, dei musei e delle mostre, degli incontri culturali e qui, nasce la diatriba che, fino a qualche anno fa, nemmeno potevamo immaginare. Ora ci si chiede quali siano, in fondo, le differenze tra le foto del nostro amico fotoamatore “così bravo“, con quelle appese ai muri dei musei. Ci si chiede perché non ci sia anche qualche suo scatto ad arricchire quelle pareti al posto (o insieme) a quelle già appese. Allora, se di arte si parla, significa che quella lì appesa, quella stampata sul libro in tiratura mondiale, ha un valore artistico e dell’amico no…questo è ciò che viene spontaneo pensare.
Magari fosse così semplice…tutto oggi è molto più complicato (o semplice, dipende dai punti di vista). Quello dell’arte in genere è un mondo fatto di pubbliche relazioni, contatti, amicizie e, perché no, facce toste, opportunismi, leccherei ma non solo. Magari fosse solo quello! 🙂 Al giorno d’oggi è necessario, più che mai, essere al momento giusto, nel posto giusto e con il prodotto giusto, e le cose non sempre riescono a collimare, ma questo è un altro argomento sul quale potremmo tornare in uno dei prossimi articoli.
Tornando invece sulla questione delle lettura della fotografia, il tema si fa tanto interessante quanto spinoso. Ci si chiede infatti, ma chi ha le competenze per leggere una fotografia? E quali sono? E’ possibile apprenderle? Ma poi, in tutta sincerità, servono queste competenze? La risposta a quest’ultima domanda è “dipende”. La cosa andrebbe estesa a tutte le arti in genere, e non solo. Il discorso che intraprendo qui non analizza aspetti tecnici che, in qualche maniera, porterebbe chiunque ad avere competenze che sposterebbero l’argomento non più sulla lettura interpretativa, ma sulla realizzazione, mi concentro invece su quelle che sono le basi per l’elaborazione di un pensiero critico e che va al di là del mero gesto fotografico.
Quali sono gli strumenti per poter leggere una fotografia? In primo luogo è necessario conoscerne – o intuirne – il contesto. E’ una fotografia pubblicitaria di un discount o una fotografia evocativa, puramente artistica? Siamo in ambito fashion o è un paesaggio? E’ chiaro che il nostro pensiero dovrà sforzarsi nell’interpretare un’immagine per ciò che rappresenta in quel contesto. Qualche conoscenza sul comportamento della luce sarebbe gradito: non dobbiamo essere scienziati e scomporre lo spettro luminoso con il prisma di Newton, ma nemmeno confondere un’ombra con dello sporco urbano.
Il discorso puramente tecnico, a meno che non siamo fotografi o critici, ha poca importanza in una fase di “lettura” conoscitiva e, anche se appare paradossale, meno tecnica osserviamo e più in profondità andremo. Così come conoscere lo strumenti in tutte le sue minime componenti non fa di noi un fotografo, conoscere le tecniche corrette della composizione, dei parametri e compagnia bella, non farà di noi un lettore della fotografia attento.
Scriveva Ansel Adams:
“Per essere un buon pianista non è necessario saper costruire un pianoforte”
Per analizzare una fotografia è necessaria una sensibilità allenata, infatti l’osservazione analitica non sempre da buoni risultati e si rischia, con il tempo, di cadere nella trappola della classificazione fredda e sterile. La lettura della fotografia è attività etica, politica e sociale, indipendentemente da ciò che ci viene mostrato. E’ la nostra interpretazione che da il “movimento” e la forza ad una immagine apparentemente statica. Che sia essa il motore propulsivo per farci alzare e andare ad acquistare gli asparagi in offerta, o partire per il Darfur come missionario, il lavoro del fotografo potrebbe fermarsi lì, all’immagine scattata.
L’intervento interpretativo, la lettura dell’immagine e l’idea poetica di un autore, al di là di quelle che erano le sue intenzioni all’atto dello scatto, sono tutti elementi ai quali diamo noi il corpo espressivo: il fotografo, così come il pittore, il musicista, lo scultore, il pubblicitario, danno una loro interpretazione del mondo, una visione che non è detto corrisponda – e non lo fa quasi mai – alla nostra percezione. Il discorso estetico, quello legato alla bellezza poi, ha ancor meno senso di esistere perché, come sappiamo bene, ciò che è bello per me non lo sarà per qualcun altro e viceversa.
Le domande classiche possono venirci sicuramente in aiuto: cosa, come e perché. Partendo da questi semplici quesiti daremo una lettura di sicuro interesse, almeno per noi, di ciò che quell’immagine rappresenta. E’ difficile affrontare in modo critico un campo che, per sua natura, ci è così famigliare. La fotografia, nonostante elemento quotidiano della nostra vita, DEVE essere letta con attenzione e spirito critico, esattamente come ci poniamo davanti ad un quadro che, a differenza della fotografia, guardiamo con un rispetto completamente diverso.
E’ facile imbattersi in amici e conoscenti che, quasi con orgoglio, ci confessano di non capirci nulla di arte, di pittura, di scultura…questo rispetto di massa manca alla fotografia e qui credo ci sia il vero pondus inteso come equilibrio della dignità artistica. La relativa giovinezza dell’arte fotografica, l’accessibilità allo scatto, la semplicità di utilizzo di un reflex digitale, hanno portato la fotografia alle stregua dell’informatica contemporanea: se sei un buon smanettone rischi di essere visto come un esperto e questo disorienta l’utente che dovrà leggere un’immagine.
Keypoint: la fotografia è arte e come tale va trattata. Impariamo a criticarla con strumenti adeguati o, come per le altre arti, cerchiamo di avere il giusto rispetto stando in silenzio. Studiamo!