#15. L’ABITUDINE E’ LA NOSTRA PRIGIONE?

LAbitudine è amica o nemica della nostra vita?

“Ciò che è consueto tesse intorno a noi una ragnatela sempre più solida, e presto ci accorgiamo che i fili sono diventati funi e che noi stessi siamo seduti al centro, come un ragno che è rimasto impigliato e deve nutrirsi del suo stesso sangue. Per questo lo spirito libero odia tutte le abitudini e le regole, tutto ciò che è duraturo è definitivo, e per questo lacera continuamente, seppur con dolore, la tela in cui è invischiato, sebbene ciò gli procurerà piccole e grosse ferite dolorose – quei fili infatti deve strapparli dal proprio corpo, dalla propria anima.”

Lo scrisse Friedrich Nietzsche in “Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi”, considerato il primo saggio filosofico dell’autore tedesco. La condanna all’abitudine è chiara, netta, inesorabile. Non vi è un solo barlume di redenzione nei confronti di quello che, soprattutto noi italiani, viviamo come qualcosa di intimo, nostro e unico: il gesto abitudinario. Si sono spese parole all’infinito, ci sono corsi di ogni genere su come rifuggire alle abitudini, esistono guru che hanno fatto della filosofia “basta abitudini” il loro vessillo. 

Ma è davvero così terribile avere abitudini? Davvero certi vezzi sono così dannosi per la mente umana? O forse la verità, come in tante (no, non tutte) questioni della vita, è facile trovarla in mezzo? Vi è una contraddizione di fondo sulla questione che, credo, a lungo andare possa confondere. C’è una parte di mondo che ci dice – con foga – che essere abitudinari vuol dire morire…ma sappiamo anche che il cambiamento è, di fatto, l’adozione sistematica di processi costanti e continuativi, che producono risultati diversi da quelli che abbiamo ottenuto fino a quel momento. Cioè, se vuoi cambiare, devi necessariamente cambiare…abitudini.

Ognuno di noi, spesso inconsapevolmente, mette in atto le proprie pratiche: vuoi per avere la certezza del risultato, o per una maggiore tranquillità nel compiere un’azione. A dire il vero, più di uno studio, in particolare lo studio condotto dall’università di Duke sui comportamenti umani, rivela che più del 45% delle azioni che compiamo ogni giorno sono da considerarsi abitudinarie! Non tre azioni, quasi la metà. Ora, converrete con me che, parlare di abitudini come “morte interiore”, forse non è del tutto corretto. Alcuni confondono le abitudini con le manie, ma noi non vogliamo parlare di questo. 

Noi vogliamo parlare di quelle straordinarie abitudini che permettono ad ognuno di noi di sentirci più sicuri, tranquilli e, perché no, contenti. Charles Duhigg, nel suo libro Il potere delle abitudini, spiega, con maestria, che le abitudini sono composte da tre elementi fondamentali:

  • il pungolo, cioè qualcosa che attiva il nostro pilota automatico, lo stimolo;
  • la routine, che si svolge senza bisogno del nostro attivo coinvolgimento, una attività sistematica;
  • la ricompensa, fondamentale perché il nostro corpo completi l’attività richiesta, riconoscimento.

Grandi pensatori, uomini geniali e importanti condottieri avevano le loro abitudini, alcuni al limite della mania…Immanuel Kant faceva una passeggiata alle tre e mezza, senza mai sgarrare di un minuto; Beethoven si svegliava all’alba e amava prepararsi il caffè contando ogni mattina 60 chicchi per tazza. Einstein amava suonare Mozart al violino durante le escursioni…di birdwatching (!?). 

Keypoint: nessuna mania, solo qualche sana abitudine. 🙂

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