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#142. SULLA FOTOGRAFIA: DUE CHIACCHIERE

La rapida proliferazione della fotografia, della foto come oggetto di condivisione – da qualche milione a svariati miliardi di scatti – lo dobbiamo per lo più a questa ultima decade e ogni anno vengono scattate più di mille miliardi di foto. Un vero universo fatto di galassie, stelle e, alcune volte, materia oscura. Si fa tanto dire che una percentuale non ben precisata del traffico internet sia video e che il futuro vedrà i video come mezzo di comunicazione principale per raccontare un prodotto, una storia. Sicuramente l’approccio visivo dato da un video avrà sempre più importanza e verrà sempre più utilizzato ma, in una società dove il tempo è il bene più raro e la moneta di scambio più preziosa, non trascurerei il fatto che, per ancora parecchio tempo, la fotografia sarà il mezzo comunque più rapido per trasmettere un’idea, un’emozione, un valore. 

In meno di un secolo la fotografia è diventata parte della nostra esistenza, tanto da confondere molti di noi, facendoci credere di essere degli appassionati fin da piccolissimi quando, in realtà non è affatto così. Ma tant’è. La fotografia, in particolare quella digitale ovviamente, ha avuto questo straordinario merito: dare la possibilità a chiunque di scattare foto. Per molti, soprattutto fotografi professionisti – e non necessariamente della vecchia scuola – è stato, ed è, motivo di grande scontro. Le “battaglie social” di molti fotografi nei confronti dei colleghi (o presunti tali) è sempre più feroce, fatta di sarcasmo, angherie e, naturalmente, a chi lo ha più lungo. 

La macchina fotografica è un album per schizzi, uno strumento di intuizione e spontaneità

Così scriveva Henri Cartier-Bresson nel 1976. Considerato il pioniere della street photography, fondatore insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert della famosa Agenzia Magnum, non ha mai dato importanza maniacale a tecniche, attrezzature o altre peculiarità tipiche del nerd della fotografia. Scattava perché non conosceva altro modo per raccontare una storia, per parlarci di un volto, di un conflitto. 

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Point de vue du Gras – View from the Study Window at Maison du Gras – Niépce

Rispetto ad altre forme d’arte sviluppate in migliaia di anni, la fotografia è ancora un’arte in fasce. E’ ancora un tenero fagottino da crescere e amare. La pittura ha avuto i suoi natali con i primi graffiti rupestri sulle pareti delle caverne decine di migliaia di anni fa, la musica si è sviluppata intorno ai primi fuochi degli uomini primitivi, la letteratura deve la sua sconfinata produzione alla tradizione orale, da quando l’uomo ha cominciato a codificare un linguaggio. Anche l’architettura ha i suoi albori nella neolitica struttura di Stonehenge…insomma la fotografia, arte giovane e “immatura” rispetto alle arti tradizionali, ha ancora un universo da farci scoprire e, conoscere ISO, messa a fuoco, regola dei terzi focale, non solo non basta, ma rischia di limitarne l’aspetto più intimo e gioioso. La conoscenza ci permetterà di scattare foto corrette, ma non necessariamente emozionanti. 

Da hobby per facoltosi e ricchi personaggi “dell’Europa bene” a forma d’arte più accessibile della storia; in meno di due secoli quasi due miliardi di persone – coloro che possono accedere almeno ad un cellulare o una piccola macchina usa e getta – può scattare una fotografia senza avere la benché minima idea di ciò che sta accadendo alla luce e al sensore. Ma sa cosa sta succedendo al suo cuore e alla sua mente. Fosse anche solo “adesso scatto, pubblico e vedrai che invidia avranno tutti.” 

Che dire degli scatti ai gattini, alle pietanze, ai piedi in spiaggia, all’ala dell’aereo dal finestrino, degli autoscatti di dubbia qualità? Nulla. Molti di quegli scatti che potrebbero non aver senso di esistere, in realtà esistono e sono testimonianza, anch’essi, di qualcosa che succede, di un attimo vissuto. Magari di una decadenza sociale e antropologica, ma pur sempre una testimonianza. Ci piacciono? Ci fanno ribrezzo? Poco importa. Possiamo scorrere. In fondo il nostro sguardo, ora, è impegnato al massimo per la durata di uno scroll. Se ne siamo in grado possiamo impegnarci e facendo di meglio.

La fotografia è ormai lo specchio della vita: spettacoli naturali, performance artistiche, l’apparente staticità del nostro universo, l’abbandono, l’architettura, le guerre, tutto passa attraverso quell’occhio.

Agli amici fotografi voglio fare un appunto, educato…una cosa è certa, la fotografia non è solo per pochi eletti, fatevene una ragione. Questo è un momento pieno di incertezze, quello che è certo è che le persone faranno sempre più foto, avranno accesso sempre più facile a fotocamere di ottimo livello a prezzi contenuti e i cellulari avranno prestazioni impensabili. La circolazione di immagini – che non vi piacciono – aumenterà esponenzialmente. Arrendetevi. 🙂   

Keypoint: lasciamo che le persone siano libere di vivere la fotografia come vogliono. Se ce la prendiamo con i fotografi seriali di banalità, l’unico a rimetterci sarà il nostro fegato. 

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