scappare

#114. SCAPPARE? UN’OPZIONE POSSIBILE  

Scappare…perché non l’ho fatto?
Cosa è stato a ridurci così? Come ci siamo finiti in un’esistenza che non ci appartiene? Come siamo capitati a vivere una vita che proprio non riconosciamo come nostra? Avevamo un sacco di sogni e siamo finiti, invece, a fare un lavoro che non ci piace, dedicando tempo a chi ci usa, condividendo spazi con persone che non avremmo mai scelto. Perché vivo in una città che non mi piace? E Come diavolo è successo? C’è stato un momento in cui le cose sono andate storte? E’ forse stata la paura di fallire a fermarci? Forse sembrava la soluzione migliore…forse era la meno “ignota” e apparentemente più sicura.

Ma quanto può durare una condizione simile? Per quanto tempo è possibile reggere in contesti sfavorevoli che trasformano le nostre giornate in frustranti agonie? E se diventiamo apatici? Se a forza di frustrazione e porte in faccia rischiamo di non riuscire più ad esprimere noi stessi nel modo migliore? Se diventiamo zombie rischiando un esaurimento nervoso? Se ne esce, certo, ma restano ferite davvero importanti.

Ci si ritrova a non avere di idea di cosa fare, l’unica cosa che sai con fermezza è che NON vorresti fare ciò che stai facendo, che non vorresti vivere come stai vivendo. Ma come fare? Ci sono miliardi di metodi spiegati in mille modi diversi: libri di auto-guarigione, corsi, siti, tutorial on line. Di tutto un po’, che finiscono sempre con il dire che la soluzione è dentro di noi, che non è la fuga, ma la consapevolezza e compagnia bella.

Tutto vero, ma quando sei in un vicolo cieco o ti dai un calcio nel culo (forte) o resti fregato, immobile, apatico…morto. Ci vogliono coraggio, tenacia e un po’ di follia. Inutile nascondersi dietro un dito e raccontarsi delle “fregnacce“. Ti devi dare una mossa, DEVI scappare, devi essere  un po’ egoista, chiudere gli occhi e buttarti. Bisogna anticipare i tempi perché fuori è tutto maledettamente veloce.

Se una cosa ci piace, facciamoci un grandissimo favore, facciamola. Se qualcosa della nostra vita ci fa schifo, facciamoci il regalo di buttarla. Lo sappiamo tutti che “certo, potendo tutti lo faremmo, ma non è così semplice“, ma con queste scuse siamo sempre lì nel baratro. Ho visto persone che, nonostante gli fosse stata lanciata la corda con i moschettoni e tutti il necessario, sono rimasti lì dov’erano, nel fosso. Per paura? Forse. Per pigrizia? Probabile, ma sicuro non ci hanno nemmeno provato…ma allora non lamentarti! Se abbiamo tanta energia per lamentarci, allora potremmo impiegarla per fare altro, magari cambiando una situazione che non ci piace. 

Scappare? Assolutamente un’opzione possibile! Non dobbiamo credere che sfuggire da una situazione pessima sia da codardi, non dobbiamo credere a chi, non avendo il coraggio di cambiare la propria vita, ci tira verso il basso. Se un solo giorno di lavoro in un certo luogo ci fa venire il mal di pancia, dobbiamo andarcene, senza se e senza ma. “La fai facile tu“. Quante volte ce lo siamo sentiti dire? No amico mio, la fai facile tu che non hai il coraggio, per quattro soldi, di andartene, continuando a farti trattare come l’ultimo dei servi della gleba dietro la scusa del mutuo, della famiglia e tutto il resto. Comprati una macchina usata invece di girare con il macchinone e fare il grosso sui marciapiedi davanti alla scuola di tuo figlio! Stai in una casetta più piccola invece di menarla con il mutuo…sei tu che la stai facendo facile, io la faccio terribilmente complicata.

La maggior parte delle persone di mia conoscenza che hanno fatto salti nel buio, non erano ricchi single figli di papà, o coppiette con alle spalle una trentina di nonni che, oltre a fare da baby sitter, pagavano (e pagano), case, vacanze, ristoranti. No. La maggior parte di quelle persone sono persone normali, che si sono organizzate facendo un percorso lungo e complesso, parlandone in famiglia; hanno deciso, non senza ripensamenti e angosce, che l’unica cosa da fare per provare a migliorare la propria situazione era proprio provare a migliorare la propria situazione.

Keypoint: il problema è che non ci si rendiamo conto che veniamo trattati male esattamente come succede nei rapporti di coppia malati, o come in un rapporto di lavoro malsano dove i dipendenti sono trattati a pesci in faccia. Se “restiamo” siamo complici non guerrieri.

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